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C’è una vecchia storia di due escursionisti che, camminando tra i boschi, si trovano di fronte ad un grande orso. Uno di loro si siede con calma, si toglie gli scarponi, estrae dallo zaino un paio di scarpe da corsa e le calza. Il suo amico, in prenda al panico, gli chiede “Che cosa stai facendo? Non sarai mai più veloce di un orso”. Lui risponde: “Io non devo, mi basta correre più veloce di te”.

Le aziende vivono la competizione allo stesso modo. Si dotano via via delle scarpe giuste per essere più performanti dei concorrenti, fino a quando non trovano qualcuno più veloce di loro. A quel punto, bisogna fare i conti con l’orso.

Ogni volta che sento la storia dei due escursionisti mi chiedo. Ma possibile che non ci fosse un’alternativa? Una soluzione che non necessitasse il sacrificio di qualcuno?

Un mercato ‘mors tua vita mea’ è un mercato a somma zero. Quello che aumenta da una parte è calato da un’altra. Resta vivo solo chi è capace di rileggere la situazione ed innovare il modello di business in modo da risultare più competitivo. Ma questa è una realtà artefatta. Esistono innumeveroli esempi di prodotti o servizi che non esistevano e che, una volta offerti, hanno riscosso successo presso i clienti senza che questo implicasse il sacrificio della propensione alla spesa.

Quanto sia perdente come approccio lo definisce il fondatore di Amazon, Jeff Bezos:

‘Se siamo in grado di mantenere i nostri concorrenti focalizzati su di noi, mentre noi rimaniamo concentrati sul cliente, andrà a finire bene.’

Dove sta l’errore?

L’errore sta nel ritenere la concorrenza come fattore di innovazione, mentre – in realtà – è la soddisfazione dei bisogni del cliente.

Questo errore strategico ha generato un’epidemia di attività di benchmark. L’azienda B cercava di capire e mutuare il processo di creazione del valore dell’azienda A. Così nelle catene della GDO prendevano il via gruppi di lavoro per arrivare alla stessa produttività al mq., incidenza del costo del personale o rotazione di magazzino. Il tutto nella convinzione che delle volte essere capaci di copiare bene era molto meglio che il rischio di essere pionieri.

Quei tempi sono passati. La velocità di trasmissione della conoscenza è tale che, quando hai finito di copiare, l’opportunità è già passata.

Non resta che proporsi al mercato per quello che si è, non essendoci più il tempo di essere quello che vuole il mercato.

Ricordate la mai invecchiata matrice SWOT? Mette in correlazione le nostre forze e debolezze con le opportunità e minacce del mercato.

Nella vecchia versione del mondo, era necessario lavorare anche sulle debolezze. Era il modo per proteggere una rendita di posizione.

Nella nuova versione del mondo le rendite di posizione non esistono più. Meglio dedicare tempo ed energie a costruire il vantaggio competitivo di domani, piuttosto che difendere quello di ieri.

Proprio nello spirito di non proporsi al mercato per quello che ci chiede di essere, ma per quello che si è, l’unica proiezione strategica che ha senso prendere in considerazione sta nella correlazione PUNTI DI FORZA – OPPORTUNITA’.

L’unica domanda che ha senso porsi è: quali sono le opportunità che i miei punti di forza possono cogliere?

L’approccio strategico è ‘minimal’. Esattamente come l’approccio architettonico di Ludwig Mies van der Rohe: ‘LESS IS MORE‘. Un approccio che non ha nulla di banale, perchè per mettere a punto gli elementi strategici essenziali, che siano davvero LESS e creino MORE, è necessaria una grande capacità di cogliere cosa è superfluo.

Può capitare che, incontrando l’orso, l’unica punto di forza che potremmo valorizzare è la nostra capacità di rimanere immobili e che l’opportunità sia data dall’occupare lo spazio dove siamo prima che arrivi l’orso.

LESS sarà stendersi proni a terra fingendosi morti. Proteggeremo così i nostri organi vitali, mentre la corsa del nostro crudele compagno di viaggio stimolerà l’istinto predatorio del plantigrado, salvandoci la vita. Questo diventerà il nostro MORE.

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