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Convincere un leader che il contributo di conoscenza, di analisi e di innovazione

può arrivare dappertutto all’interno dell’azienda e ad affidarsi ad esso, non è facile, come scrivevo in ‘Il leader non è la persona più intelligente nella stanza’.

Frequentando le sale riunioni mi sono reso conto che ci sono 3 atteggiamenti che, involontariamente, generano un clima di diffidenza verso la creatività condivisa.

Sono 3 killer che, come nel film di Sergio Leone, sono alla ricerca di un tesoro, ma con conseguenze spesso negative.

IL BUONO ovvero l’uomo dei brainstorming infiniti.  C’è chi pensa che mettere 10 sedie a semicerchio davanti ad una lavagna a fogli mobili farà della propria azienda la nuova Apple. Ci si dimentica che il brainstorming rappresenta solo l’inizio del processo creativo e non basta che ognuna dica la sua in pseudo-libertà. Il processo creativo condiviso dovrebbe essere composto da: la formulazione di una domanda chiara, l’approfondimento da parte dei partecipanti dei contenuti, la fase del pensiero divergente (il brainstorming) e la fase del pensiero convergente. Quest’ultima è quella critica, dove la varietà di opzioni poste sul tavolo vengono eliminate, unite tra loro, modificate o semplicemente scelte, in modo da dare vita ad una ipotesi prototipabile, testabile e raffinabile.

IL (mancato) CATTIVO ovvero l’uomo del ‘volemose bene’.  Secondo Tuckman il processo di sviluppo del teambuilding passa attraverso tre fasi – forming, storming, e norming. Il momento centrale dello storming è uno stato non negoziabile. Il caos non è solo nei contenuti, ma anche e soprattutto nella ricerca del modello relazionale del gruppo stesso. C’è da diffidare di un team in perfetta armonia/quiete, qualcuno potrebbe autocensurarsi o – peggio – non sentirsi coinvolto dal processo creativo. A prima vista, può sembrare che il compito del leader sia quello di evitare gli scontri. In realtà fare da facilitatore significa consentire anche un aspro confronto sulle idee evitando che scada in attacchi personali.

IL BRUTTO ovvero l’uomo del ‘so già come andrà a finire’.  Nella maggior parte delle organizzazioni, una volta che un individuo o un team hanno individuato una soluzione innovativa , si prodigano per ottenere l’approvazione del responsabile di turno. Tale processo di autorizzazione è solitamente condizionato dallo scettismo verso le idee tendenti a cambiare lo status quo. E’ in questo momento che appaiono i profeti da scrivania, quelli che individueranno tutti i buoni motivi perchè l’iniziativa non abbia esito positivo. Lo scetticismo porterà a demotivazione, la demotivazione ad uno scadere delle performance e il risultato del test sarà inferiore a quello atteso. Il classico esempio di profezia autoavverrante. Ad aggravare il tutto, una volta che l’idea verrà ‘bocciata’, la probabilità che i proponenti continuino a “pensare fuori dagli schemi” diminuirà. Invece di giudicare le idee e poi testarle sul mercato, i migliori leader trovano il modo per testare le idee prima, e rinviano il giudizio finché non avranno i primi risultati.

In conclusione: il buono, il brutto e il cattivo risultano pure affascinanti e non appaiono quasi mai i pericolosi criminali che sono. Non ci resta che evitare di farci trarre in inganno dalle modalità accattivanti e avere grande attenzione per gli effetti delle dinamiche che pongono in essere.

Capita mai che ad essere il buono, il brutto o il cattivo siamo noi?

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