Tempo di lettura: 4 minuti

Mi capita spesso di affermare che, chi punta al prezzo come leva commerciale, è perchè non ha altro da dire. Accade quando si è incapaci di collegare con autenticità e chiarezza la value proposition ai bisogni del cliente.

Si pensa che un buon sconto faccia da Tachipirina per guarire la trattativa.

I prezzi, però, raccontano anche un valore che a volte non percepiamo e che nulla ha a che fare con la matematica. Mi è capitato recentemente con un cliente, produttore di prodotti da forno.

La loro storia è caratterizzata dall’eccellenza di prodotto. Fanno parte di quella categoria di aziende che possono permettersi il lusso di scegliersi i clienti, come raccontavo in ‘Sorry but not today. Quelli che i clienti li scelgono’.

Però, quando sei posizionato in un segmento in crescita e non riesci a soddisfare le richieste di volumi della domanda, il pericolo è di far entrare altri competitor nella piccola nicchia creata nel tempo e vedere le regole del gioco repentinamente cambiare.

I numeri aiutano sempre. Evitano che una famiglia di imprenditori, storicamente con una grande vocazione verso il prodotto, si perda in pericolosi bla, bla, bla quando si parla di mercato.

I dati evidenziavano come, nell’ultimo trimestre, fossero aumentate le richieste delle confezioni del sacchetto da 6 e calate quelle della scatola da 16. Il papà Mario, Direttore Generale, vedeva con preoccupazione questo trend, che rischiava di posizionare l’offerta su un formato che abbassava la produttività quotidiana.

Il primo nodo da sciogliere, con la figlia Anna, Responsabile Produzione e Qualità, è stato se fosse possibile incidere sul processo produttivo. L’analisi ha portato ad evidenziare che un investimento di qualche decine di migliaia di Euro avrebbe addirittura aumentato, grazie all’automazione, la produzione rispetto ai livelli consueti.

Il secondo nodo da sciogliere, con la figlia Maria, Responsabile Marketing, è stato il posizionamento del prezzo del format. L’attività di rilevazione prezzi nel canale retail e di ascolto dei buyer, ha fatto emergere che:

  1. la marginalità retail del format da 6 era del 49% rispetto al 34% del format da 16. Questo perchè i prezzi di vendita erano rispettivamente di € 4,9 e € 9,9 a fronte di un prezzo di acquisto di € 2,5 e € 6,5;
  2. seppure il costo unitario fosse più alto, il formato da 6 era preferito dal consumatore finale perchè con una ‘battuta di prezzo’ più bassa, e perchè consentiva di poter acquistare confezioni con farciture diverse, mixando il prodotto a piacimento;
  3. gli stessi buyer sarebbero stati disponibili ad accettare un aumento di prezzo del formato da 6, a fronte di un accordo di fornitura che ne prevedesse un aumento dei volumi in acquisto, avendo tale formato rotazioni più veloci e margini più alti.

L’analisi della coerenza delle politiche di prezzo e l’ascolto del cliente facilitano l’individuazione del proprio posizionamento sul mercato, favorendo il sintonizzarsi con il suo business/bisogno, all’insegna di una vera partnership che, come si è visto, va oltre al prezzo praticato.

Con i nuovi accordi quadro e l’investimento tecnologico: è aumentata la produzione quotidiana, è aumentata la marginalità media, l’investimento tecnologico verrà ammortizzato in meno di un anno, si è strutturata un’attività periodica di rilevamento prezzi e sono iniziati workshop periodici coi buyer per parlare solo di innovazione di prodotto.

E vissero tutti felici e contenti.

E voi, avete mai analizzato la coerenza dei prezzi con il modello di business dei vostri clienti?

P.S. Per etica professionale sono rimasto volutamente vago ed impreciso sul settore di riferimento, su nomi, prezzi e marginalità, in modo da evitare di mantenere la doverosa privacy dell’azienda.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *