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Andrea è un venditore sempre ‘sul pezzo’. Ha rete di segnalatori efficace, intercetta le trattative e riesce ad incidere sul mercato. Ha la sana smania dell’agenda sempre colma di appuntamenti.

I risultati sono consequenziali alla sua dinamicità. Sta sempre a sollecitare l’azienda per avere le condizioni commerciali che gli consentano di chiudere le trattative e mette sempre pressione ai clienti per ottenere la loro firma sul contratto.

La sua foga non è data solo dal voler farsi riconoscere provvigioni e premi o dall’ansia per la gestione amministrativa e fiscale della Partita I.V.A., ma anche dal testosteronico desiderio di ribadire la leadership sul territorio che presidia. La sua condotta predatoria è: la mia preda è qualsiasi animale che sia commestibile.

Finchè le energie lo hanno sorretto questo stile commerciale è stata la fortuna sua e della sua azienda.

Con il passare del tempo, però, l’intensità di Andrea è diminuita. Sia perchè gli anni passano per tutti, sia perchè le responsabilità personali sono aumentate.

Ci si è messa pure la crisi, e dove prima c’era una prateria di prede sane e succulente, adesso c’è qualche animale in meno e anche malaticcio. La fame dei predatori però non è calata.

Le discussioni col responsabile commerciale sono all’ordine del giorno. Ha bisogno di una zona più ampia e di un contributo per coprire l’aumento dei costi fissi che ne deriverebbe.

Andrea si trincera dietro al ‘ho sempre venduto tanto quindi il problema non sono io’, ma non si rende conto di come questa situazione sia frutto del tipo di venditore che ha scelto di essere.

Quando le prede sono tante e c’è spazio per tanti predatori non si sente la necessità di affinare le proprie tecniche di caccia. Più si è presenti sul territorio, più si intercetta selvaggina e più è probabile che la caccia vada a buon fine.

Quando le prede sono poche vengono contese e diventa essenziale non sprecare energie. Occorre scegliere che sentieri percorrere, su che alberi appostarsi, che fonti d’acqua sorvegliare e qual’è il momento per la veglia e quale per il sonno.

Ogni scelta restringe il campo d’azione. E’ un no implicito alla caccia allo scoiattolo, e un sì esplicito alla caccia al cinghiale. Quando si vede lo scoiattolo passare, scegliere di non rincorrerlo sull’albero, sprecando energie, con pochissime probabilità di riuscire a catturarlo, ha un grande beneficio: essere pronti a cacciare il cinghiale quando l’occasione sarà propizia.

Quando la selvaggina è abbondante, scegliere sembra inutile. Con il tempo, però, al predatore ‘generalista’ sarà presentato il conto, e pagherà per non aver conosciuto meglio sè stesso, le proprie caratteristiche e abilità di caccia e le abitudini e i punti di forza e di debolezza delle proprie prede. Si aggirerà per i sentieri della prateria imprecando contro la siccità, altri predatori a suo dire ‘scorretti’ o con le prede che si sono fatte più furbe.

In realtà quello che Andrea sta pagando è il non aver ben chiaro che tipo di cacciatore è, in cosa rende al meglio. Se è veloce nel rincorrere, silenzioso e astuto nell’appostarsi, attento a non perdere la traccia, forte nel combattimento. Non potrà mai possedere tutte queste abilità contemporaneamente, anche se le buone vendite del passato gli hanno dato l’illusione di averle.

Oggi gode nel vendere il prodotto, le sue peculiarità, il valore nel tempo che può rappresentare per il cliente. Quando il cliente vorrà portarlo sul terreno degli sconti non sarà in grado di rincorrerlo. Dovrà scegliere di fermarsi. Dovrà avere il coraggio di dire no, di comprendere che quello non è il suo cliente. Non sarà mai contento del prodotto che gli ha venduto, non ne parlerà mai bene, non lo promuoverà con altri e non lo ricomprerà.

Sarebbe come perdersi a rincorrere uno scoiattolo, sprecando tante energie, per mangiare – forse – poca carne e molte ossa e ritrovarsi deboli davanti al grosso cinghiale lungo il sentiero.

In quel caso speriamo che Andrea abbia almeno il buon senso di farsi da parte.

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