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Quella che Nilofer Merchant chiama #SocialEra, è un mondo dove vincono aziende particolari: le aziende fantasma. I loro marchi sono sulla bocca di tutti, ma in realtà cosa fanno per meritarsi tanta fama? Siamo abituati ad aziende come Microsoft. Si è inventata il sistema operativo Windows nel 1985, un prodotto con un vantaggio competitivo tale da sfiorare il monopolio.Il modello di business era chiaro: produci qualcosa, lo porti sul mercato e il riscontro economico diventa la misura della capacità imprenditoriale.

Le Microsoft moderne, Apple, Google, Facebook, stanno percorrendo una strada diversa.

Apple è nata come azienda produttrice di device di vario tipo: dal Mac all’AppleWatch, passando per Ipod, Iphone e Ipad. La strategia di Apple, da produttrice di hardware si è trasformata in produttore di prodotti-piattaforma per l’utilizzo di app. La mossa vincente è stata far lavorare gli altri, i produttori di app, offrendo ‘semplicemente’ lo strumento per utilizzarle. Il vantaggio è doppio, le app rendono i device più accattivanti, spingendone le vendite, e contemporaneamente vengono pagate royalties ad Apple.

Nel 1998 Larry Page e Sergey Brin danno vita a Google. Il vantaggio competitivo sta nell’algoritmo che indicizza i risultati più precisamente e più rapidamente di ogni altro motore di ricerca.Anche qui l’intuizione è lavorare sui contenuti web altrui. Con quale vantaggio? Avere un così alto numero di utilizzatori ha consentito a Google di creare un nuovo modello di promozione pubblicitaria basato sul payperclick. Essere il crocevia della ricerca consente quindi di sfruttare i contenuti fatti da altri e contemporaneamente il bisogno degli stessi di promuovere gli stessi contenuti.

Facebook viene fondato da Mark Zuckerberg e i suoi compagni di università nel 2004. Nel 2013 ha più di 1 miliardo di iscritti e supera Google come sito più visto al mondo. La chiave di successo? La voglia delle persone di parlare di sè, di relazionarsi, di sentirsi vive. Sulla scia di Facebook, con più o meno successo, Twitter, Instagram, Pinterest, Tumblr… Anche il conto economico di Facebook si fonda sulla raccolta pubblicitaria. Sa così tanto dei suoi utenti, per essere loro stessi a comunicarlo, che è possibile creare molteplici campagne mirate. Proprio parlando di Facebook si è detto: ‘se è gratis, vuol dire che il prodotto sei tu’.

Perchè ho definito queste aziende ‘fantasma’? Perchè come gli spiriti, si aggirano per le stanze del castello del business a cui un giorno avevano dato vita attraverso un device, un algoritmo, un social network. Oggi, semplificando, si limitano ad osservare la vita creata da altri, proprio come fanno i fantasmi coi nuovi proprietari del castello. Continuando a guadagnarci.

Quindi sono parassiti? Direi di no. Quando qualcuno è disposto a privarsi liberamente di ricchezza per acquistare un prodotto/servizio, lì un bisogno viene soddisfatto. E’ il trionfo dell’imprenditorialità. I parassiti sono quelli che sfruttano, senza rischio, una rendita di posizione. In questo caso è l’intuizione di voler dare spazio alla voglia di contribuire, attraverso app, contenuti web o post. Niente di nuovo se è vero, come dice Liron Magen, che il successo di Ikea sta proprio nel far lavorare i clienti. La chiave di successo che li accomuna è l’aver creato un modello di business che da spazio alla voglia di personalizzare il prodotto, offrire contributi, autorealizzarsi e relazionarsi delle persone. La definizione più corretta non è aziende/prodotti fantasma ma ‘piattaforma’ per la loro capacità di collegare domanda e offerta.

Piuttosto direi che è la conferma della bontà della teoria Oceano Blu di Chan Kim e Mauborgne: siamo così impegnati a produrre e vendere prodotti e servizi cercando di battere i concorrenti nell’oceano rosso, che spesso ci dimentichiamo di osservare spazi di mercato inesplorati nell’oceano blu. Ma quando questi spazzi/nicchie si trovano, la creazione di valore e il relativo riconoscimento del mercato sono dirompenti (disruption).

Solo le webcompany hanno l’opportunità di essere ‘piattaforma’? Certamente internet facilita i contatti. Grazie a Facebook i 6 gradi di separazione di Karinthy sono diventati 4,74. Ma ogni attività può avere queste caratteristica. La chiave sta nel capire l’elemento relazionale del prodotto/servizio che si sta offrendo. Quando ce se ne dimentica anche i vantaggi competitivi più consolidati cominciano a vacillare. Blackberry docet.

McDonald’s è in crisi, nel 2014 ha avuto il primo calo delle vendite degli ultimi 12 anni, situazione da leggersi tenendo presente il continuo aumento di punti vendita e quindi il presidio costante di nuovi bacini di utenza. La situazione è stata ritenuta così grave tanto da causare il cambiamento del Ceo. Qual’è il valore offerto da McDonald’s? Negli Stati Uniti la possibilità di mangiare a basso costo e con tempi di servizio e consumo veloci. Nel resto del mondo a tale caratteristica si unisce il fascino del cibo americano.

Qual’è l’elemento relazionale di McDonald? Il mangiare in solitudine per chi ha fretta. Il consumo condiviso per i gruppi di giovani. Per i genitori vedere i propri figli mangiare contenti.

Come potrebbe McDonald’s diventare un’azienda piattaforma? Sicuramente non dovrebbe smettere di offrire un pasto a basso costo, veloce e che richiamasse lo stile americano. E come innovare?

Per il cliente solitario predisporrei dei display dove poter vedere canali tv satellitari o digitale terrestre. Un bel telegiornale mangiando un hamburger ci starebbe benissimo. Per i gruppi di giovani, sempre un display per tv, ma anche con la possibilità di collegare il proprio smarthphone per condividere video o musica. Per le famiglie, ambienti per i bambini dove poter giocare, come già ci sono, o vedere la propria trasmissione preferita, ma anche display al tavolo per condividere con la famiglia.

Per accedere alla tv bisognerebbe collegarsi col proprio Facebook, in modo da comunicare ai propri amici quello che si sta vedendo e dove (#LittlePony e #McDonaldsVerona). Questo porterebbe alla condivisione dell’esperienza televisiva sia all’interno che all’esterno del locale e contemporaneamente la promozione del locale stesso.

Sicuramente questa impostazione porterebbe ad aumentare il tempo di permanenza dei clienti, probabilmente con l’aumento della spesa media, che non compenserebbe la minore rotazione dei coperti. Perchè non ne risenta il conto economico del locale, sarebbe interessante puntare sulla consegna a domicilio, il menù di McDonald si presta sicuramente e molti clienti, ne sono convinto, pagherebbero volentieri una maggiorazione piuttosto che andare al McDrive.

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